Ancora un racconto di Andrea ,mio nipote
(dal web)
Mi piace la notte.
Quando le luci si spengono, i rumori del giorno muoiono, la frenesia arretra,
le cattiverie, le ambizioni, le ingiustizie, le intolleranze, i business, le
credenze retrocedono alla quotidiana tregua del mondo, io rinasco. Mi accendo,
mi riempio di vita. Mi è difficile spiegare il perché di tutto ciò, credo sia
scritto nel mio codice genetico, nella mia essenza vitale. Fin fa piccolissimo
ho amato la notte. I miei fratelli e i miei amici avevano paura del buio,
andavano a dormire presto sperando che il giorno rinascesse prima che loro se
ne fossero accorti. Io non ero così, io restavo sveglio. Sono cresciuto in un
ambiente del tutto rurale, i miei genitori erano allevatori, avevamo una
piccola azienda di formaggi nella periferia della città. Niente di trascendentale,
mio padre era un uomo onesto e buono, non proprio gli attributi del grande,
inarrestabile imprenditore. Tiravamo dal pozzo i soldi necessari allo stretto
mantenimento di una numerosa famiglia di 6 elementi. Quando si riusciva ad
andare oltre, si mettevano i guadagni in un libretto di risparmio a nome di mio
padre. Risparmi che ci hanno fatto comodo in alcuni periodi di naturale crisi,
che fortunatamente non hanno mai ucciso l’azienda, nè i sogni dei miei
genitori.
Ebbene, mentre i miei
fratelli andavano a dormire stanchi, sognando il nuovo giorno che sarebbe nato,
io uscivo dalla mia tana, uscivo a sdraiarmi tra le steppe della nostra
fattoria. Il silenzio della campagna è un silenzio poetico, quel silenzio che
accompagna il canto dei suoni notturni, cosi lievi e assonanti, che ti fanno
pensare che esista un grande cantastorie ancestrale , desideroso di cullare i
tuoi sogni con la sua grande chitarra del mondo. E quando la chitarra del mondo
suona, tu senti che le porte del tempo arrivano ad un passo dal chiudersi
davvero. Quelle porte che si spalancano durante il giorno, lasciando che le
cose le oltrepassino in fretta, troppo in fretta, senza ostacoli. Oggetti,
sensazioni, visioni, uomini, storie, dinamiche, paure, gioie, passano quella
porta con forza, attratti dal vento impetuoso che le sospinge, per perdersi
nell’oblio che si staglia oltre la soglia. E quando lo fanno non si voltano mai
indietro. E’ un modo come un altro per dire che la vita fugge a ritmi che non
comprendiamo mai del tutto. Durante la notte invece, quelle stesse porte si
accostano, pian piano, l’un l’altra, senza mai chiudersi del tutto. Quando lo
fanno , solo un piccolo, verticale spiraglio rimane aperto. E allora le cose
continuano sì a passare, ma i ritmi rallentano, la vita è costretta a d uscire
pian piano, facendo passare dallo spiraglio i propri elementi ad uno ad uno, in
fila indiana. Il potente vento del tempo perde il suo vigore, e gli attimi
della nostra vita possono finalmente voltarsi, voltarsi e guardarci nell’anima,
e sono gli unici veri momenti in cui l’uomo entra in contatto con l’uomo.
Possiamo addirittura avvicinarci, lentamente, accompagnando l’equilibrio del
silenzio, e gettare uno sguardo dietro quella fessura. Durante il giorno il
frenetico, impetuoso vento del tempo ce lo impedirebbe, ci sbalzerebbe lontani,
mentre la nostra vita ci sfugge di mano. Di notte possiamo farlo, guardare
oltre l’oblio, e cogliere qualcosa di ciò che verrà, dal futuro che durante il
vorticoso turbinio del giorno ci spaventa. E soprattutto, durante la notte,
quando le porte del tempo si accostano, e il vento del divenire si placa,
possiamo sentire lui, il grande cantastorie ancestrale con la sua chitarra, e
le melodie placide che seguono l’orchestra del silenzio, della pace, e della
poesia.
Ecco forse, se mi
aveste chiesto allora cosa provavo
durante quelle notti passate insonni nelle praterie della mia fattoria, non vi
avrei risposto così. Ero un bambino, e avrei potuto dirvi solo che era bello,
intensamente bello. Oggi sono cambiate tante cose, mi guardo allo specchio
osservando i cambiamenti del mio corpo, sotto il peso delle esperienze vissute.
Ho guadagnato in parole e lessico, per descrivervi tutto ciò, ma ho perso gran
parte della potenza immaginifica che da piccino mi permetteva di abbassare le
palpebre, e osservare con pieno vigore la mia porta del tempo. Ebbene si,
quella porta attira a sè anche la nostra
immaginazione, rendendoci antiche e sporche macchine da routine quotidiana.
Eppure, ancor oggi,
vecchio, zoppo e stanco, quando mi siedo per
terra, tra le rocce a mirar l’orizzonte ed annoverar le stelle dipinte
sulla tela dell’infinito, come faccio adesso, mentre scrivo le mie lente ed inutili
parole, la vedo ancora. La porta. E’ vecchia, logora, ha perso la freschezza di
una volta. Con il suo eterno andar delle cose, finisce per logorare se stessa,
come logora colui a cui appartiene. I cardini iniziano a cedere, e un giorno
cadranno, e quando lo faranno i due stipiti si chiuderanno per sempre. Allora
niente più l’attraverserà…l’intera nostra vita sarà smarrita nell’oblio, nel
buio assoluto delle terre che si estendono da quella parte. Ma non è ancora
questo il tempo. Lei è lì, indebolita, ma ancora solida. E io, benché privo di
gran parte della linfa immaginifica che avevo un tempo, la vedo ancora. E
allora posso inclinare la clessidra della mia vita, e far scorrere la sabbia un
po’ più lentamente. Posso sognare, ricordare, pensare, riflettere di ciò che è
stato, e di ciò che sarà. Posso osservare i miei ricordi sbiaditi, mentre si
voltano indietro nell’attraversare quella stretta fessura del tempo..e sorridere malinconicamente. Ma soprattutto
posso avvicinarmi a "lei" e ascoltarlo per l’ennesima, rara volta..il cantautore
ancestrale, e la sua melodia. Sento tutte
le corde del mondo accordate sulla stessa sinfonia, l’unica in grado di
attraversare la porta in senso inverso a tutto il resto. E cosi, con l’anima
che danza su quella melodia, piango. Ed è il momento in cui mi sento più vicino
a cogliere il senso di tutto, il momento in cui m’illudo di poter accendere una
lanterna sulle terre oscure che si estendono al di la del tempo. Ma alla fine
anche l’illusione, seppur lentamente, mi abbandona attraverso la porta.
Ma io sono qui, e sono felice. Questa è la
notte, ed è molto altro. Purtroppo anche il potere delle parole ha il suo
limite. E allora, se volete anche voi capire, abbandonatevi ad essa, spegnete i
vostri sensi e aprire gli occhi della mente, e allora la vedrete, e udirete. E attraverso gli accordi
del buio danzerete.
( Andrea Giugno)